giovedì 15 agosto 2013

MEGLIO FARE DOMANDE, O MEGLIO FARSI UN ESAME DI COSCIENZA?

IN OCCASIONE DELLA "QUINDICINA" MARIANA, NUMEROSI SONO GLI SPUNTI DI RIFLESSIONE. E NON SOLO RELIGIOSI.

Il 13 agosto, un inaspettato quanto gradito invito a pranzo, a casa di amici che non vedevo da parecchio tempo, mi ha permesso di cogliere l'occasione per conoscere alcune persone davvero straordinarie. Tra queste, un sacerdote: Don Giuseppe De Virgilio.
Non intendo fare torto, a nessun altro dei presenti a quella tavola, tra i quali anche altri due sacerdoti, ma in effetti, sono rimasto particolarmente colpito, proprio  da padre Giuseppe.
Non ho mai fatto mistero, in materia di religione, della mia condizione a metà strada tra l'Ateismo e l'Agnosticismo. Mi sono sempre ritenuto un uomo in "attesa vigile", di una possibile folgorazione. Un povero e misero "Carducci" (non si rivolti nella tomba MAESTRO), ......in attesa di percorrere la strada, sulla via della mia Damasco.....e che invece, interiormente si perpetua nella conferma quotidiana della propria Macondo. Ciò non di meno, durante il pranzo, accettai l'invito di partecipare, all'indomani mattina (14 agosto ndr), alla chiusura della celebrazione della 15na Mariana, durante i quali 15 giorni, proprio Don Giuseppe, per tutto lo svolgimento della commemorazione, si era sin lì distinto per le proprie capacità di predicatore e comunicatore. Ed eccomi, puntualmente all'indomani, in cattedrale, alle 6.30, e la prima cosa che mi colpisce è la folla. Tanta gente. Molti sembrano forestieri. Ma tante tante persone. E non posso non fare a meno di avvertire un'atmosfera di grande emozionalità. Quasi elettrica direi. Comunque effervescente. Viva. Attiva. E soprattutto positiva e propositiva. Un fermento che non conoscevo e non avevo mai riscontrato nei miei concittadini. I fedeli, pregano con grande intensità. Si avverte una sacralità davvero importante. Una sensazione di amore e di solennità contagiosa. 
Arriva il momento di Don Giuseppe.
Non farò un resumee della sua splendida omelia, compito in questi giorni, quotidianamente assolto più che brillantemente da Maurizio Prestifilippo, alla cui bacheca rimando gli eventuali desiderosi di maggiori ragguagli.
Ma mi vorrei soffermare un attimo su questo straordinario Sacerdote, dotato di una dialettica coinvolgente, di un carisma, che credetemi, non ho mai, e dico mai riscontrato od incontrato su di un pulpito ecclesiale. 
Don Giuseppe De Virgilio, una forza comunicativa felice e gioiosa, che non può non emozionarti. Stimolante e motivante, ma profonda al contempo. In più momenti, sento il mio cuore, che prende a calci un bel po' di lacrime, e le tira fuori dai miei occhi. Mi domando: ma.....siamo impazziti? Ma che mi succede? 
E Don Giuseppe, che incalza, e che dice: "la religione era troppo lontana. Noi sacerdoti, l'abbiamo allontanata dai fedeli. Parlando un linguaggio stereotipato, carico di luoghi comuni. E' vecchia, impolverata. L'abbiamo resa inadeguata, incomprensibile e noiosa. Dobbiamo fare invece, tesoro del messaggio di Papa Francesco. Uscire dai palazzi e dalle sacrestie. Sporcarci i piedi e le mani. E riportare Dio tra la gente. Riportare gli insegnamenti di Gesù per le strade. Dove c'è bisogno del messaggio di Amore. Scuotere le coscienze e stimolare l'uomo a riscoprire i suoi valori, basati sull'amore e sulla solidarietà. Perchè la Parola di Dio, è tra gli uomini". 
Ed io, non riesco a farne a meno, e penso alla politica, che stà chiusa nei palazzi, grandi e piccoli. Quelli grandi del governo Nazionale, e quelli meno grandi, ma non meno importanti delle sedi dei comuni Italiani.
La politica fatta di personaggi elitari, di gossip e di immagine. La politica vuota, dell'arrivismo, della conquista del voto, delle promesse senza senso. Delle infinite polemiche sterili. Ma che non stà più tra la gente. Come se amministratori e cittadini siano diventati due corpi separati, distinti ed estranei.
Argomenti, RELIGIONE e POLITICA, che sono a mio avviso, mai come oggi, strettamente collegati, e mai come oggi così tanto simili. 
Ma la Chiesa ha Papa Francesco, (che ha appena iniziato, ma ha ancora tanto e tanto e tanto da fare), che stà dando prova di capire che l'inferno, non è all'INFERNO, ma è qui in terra. 
La politica non ha un personaggio analogo, capace di essere credibile allo stesso modo.
E Don Giuseppe, quasi da lontano, potesse leggere il mio pensiero, tuona: "La fede ci rende CREDENTI.  La speranza ci rende CREDIBILI. Ma solo la carità (cioè il risultato, deduco io..), ci rende CREDUTI. Ed è così nel rapporto tra cittadino e politica.
Noi cerchiamo di avere fede, e ciò ci rende CREDENTI, al momento del voto. Le nostre speranze, rendono necessariamente CREDIBILI, i nostri politici. Ma è solo al risultato ottenuto, che i politici possono avere la presunzione di essere CREDUTI. Ed ecco perchè, ormai, da troppo tempo, lo scetticismo dilaga. Perchè essi, dopo anni ed anni di promesse disattese, non hanno più alcuna possibilità di essere CREDUTI. Ed è l'intero apparato politico nazionale e locale a non riuscire più ad essere CREDIBILE. E noi CREDENTI.....abbiamo smesso di CREDERE  e di SPERARE. Riflettiamo quindi sul nostro ormai insanabile torpore. 
E tra i tanti messaggi di Don Giuseppe, mi soffermo in maniera particolare su due di essi.
Da una parte, la constatazione di così tanta passione, di così tanto amore da parte della gente.
Di questa grandissima voglia da parte dei Piazzesi, di partecipare all'evento "rivoluzionario". Di manifestare, così, la loro presenza attiva, e di stringersi tutti insieme in un senso di comunità che avesse uno scopo collettivo benefico. E quindi di mostrare, poi  tutta la propria gratitudine, con la partecipazione e con gli applausi e con le manifestazioni d'affetto sincero, verso chi in qualche modo, sia riuscito a placare ed a soddisfare questa sete di emozionanti stati d'animo. 
Quindi verso Don Giuseppe, al quale anche Padre Bognanni, quasi con un atteggianento di "mea culpa", rivolge poche ma intense e commoventi parole di ringraziamento e di omaggio, per la grandezza dell'esperienza vissuta insieme ed assieme ai fedeli. 
Dall'altra, mi incuriosisce e mi ispira una breve parabola di Don Giuseppe. O meglio, il sogno di un sacerdote, padre Cantalamessa (un cognome...una garanzia....), che è stato uno dei punti di riferimento, quasi un mentore per Don Giuseppe. 
"Una valle, piena di uomini e donne per terra che dormono. Un bimbo con la mamma, ne sveglia uno, di questi uomini addormentati, con parole gioiose e motivanti, esortandolo ad alzarsi ed a fare lo stesso con gli altri che dormono un sonno il cui torpore sembrerebbe apparentemente inalienabile. Ed allora il bimbo e quest'uomo a loro volta ne svegliano uno a testa. Ed adesso sono 4, svegli, motivati e gioisi, a fare lo stesso....e poi 8 e via dicendo. Sino a quando l'intera valle si sveglia. Si alza. Risorge. Come in una reazione a catena, il messaggio vola, veloce, sicuro, inarrestabile"
"Bene - conclude Don Giuseppe - quella mamma, non è una mamma qualsiasi, ma la vostra Maria Santissima delle Vittorie, e quel bimbo non da oggi, ma da domani, non sarò io, ma sarete OGNUNO DI VOI". 
Credetemi, amici. Sono rimasto quasi folgorato da queste parole. Soprattutto dalla immediatezza e dalla semplicità del messaggio. Ma anche dalla "trasportabilità" di questo concetto, dal significato religioso, all'ambito sociale, culturale e politico.
Il bimbo, (come il fanciullino di Pascoliana memoria), rappresenta quello che siamo dall'origine stessa della nostra vita. Che troppo spesso è così diverso e lontano da ciò che invece la vita ci ha fatto diventare. Il bimbo fà. E poi ancora fà. E poi ancora fà. Non si pone domande, od ostacoli. Il bimbo agisce. Non si chiede se quello che fà, possa essere inutile. Se ciò per cui, ride o piange o strepita o urla, sia o meno raggiungibile. Il bimbo ha un'esigenza? La esprime. Ha un disagio? Lo tira fuori. Ha una gioia? La comunica. Non pensa che potrebbe essere tempo od energia sprecata. IL BIMBO AGISCE E NON SI PREOCCUPA. 
Proprio come Don Giuseppe, che ci narra di come sua madre, quando lo vedeva ansioso e preoccupato, gli dicesse: "GIUSEPPE OCCUPATI DELLE COSE, MA NON PREOCCUPARTI".
Spesso infatti è proprio nelle preoccupazioni, e nei preconcetti e nei pregiudizi, che trova la MORTE, la nostra buona volontà di agire. Muore, prima ancora di nascere.
Il bimbo, rappresenta quel modello di noi stessi, che abbiamo desiderato e sognato nella nostra vita, e che purtroppo abbiamo dimenticato. Ma anche una comunità, ha il proprio "bambino" dimenticato. La nostra città, vive e soffre un torpore ed una stanchezza, che sembra proprio non riuscire mai più a scrollarsi di dosso. E questa apatia, si rivela poi nello scetticismo che le cose possano mai cambiare. Si rivela nella negatività e nel pessimismo. E nella maldicenza. Nella malignità e nella mancanza di solidarietà degli uni verso gli altri. Tutto ci appare difficile, tutto viene immaginato irrealizzabile. E qualsiasi impegno, viene considerato una inutile perdita di tempo e di energie. E tutto questo stato di cose, si riflette nello squallore che oggi la nostra bella città purtroppo mostra a noi stessi in primis, e poi al mondo intero, e che nonostante le prezzolate analisi, falsamente manipolatorie e non per questo ottimistiche, di qualche leccaculo del potente di turno, sarebbe un grave sbaglio non constatare ed ammettere. 
MA...AMMETTERE SI. ACCETTARE ASSOLUTAMENTE NO. 
Non dobbiamo accettare questo stato di cose. Lo dobbiamo rilevare e verificare. MA DOBBIAMO REAGIRE. 
Dobbiamo farlo singolarmente e tutti quanti insieme. Proprio come la valle di persone addormentate che si può e si deve svegliare.
Ma Don Giuseppe ci dice anche una cosa importantissima: "Questo bimbo, non sarò io, per voi. Ma da domani, sarete ognuno di voi". 
Cosa significa questo passaggio? Cosa ci vuole trasmettere Don Giuseppe?
Nella parabola, nel dire "non sono io", è come se Egli si stesse impersonificando in qualcosa di Alto. In qualcosa di "estraneo o di esterno", ad ognuno di noi. Alla cosiddetta MANNA DAL CIELO, che sempre aspettiamo che prima o poi arrivi a sfamarci, o a risolvere i nostri bisogni.
Ed io rifletto sul rapporto che noi al SUD in genere, ma qui a Piazza in maniera particolare, abbiamo con la politica e con chi l'amministra.
Tutti aspettiamo sempre che qualcosa ci venga dall'alto. Che questo sia Dio, od il Sindaco di turno ed i suoi assessori, poco importa. NOI PASSIAMO LA VITA AD ASPETTARE CHE SUCCEDA QUALCOSA DI ECLATANTE, E CHE QUESTO QUALCOSA, SIA FRUTTO DI QUALCHE MESSIA. LOCALE OD INTERNAZIONALE POCO IMPORTA.
"ma nun da' retta, c' stà chi ce penza"....recitava una vecchissima canzone di Pino Daniele, ironizzando sulla atavica tendenza al fatalismo, dei Napoletani (tema che come ben sapete mi vede molto coinvolto....), ma che è proprio lo stesso atavico fatalismo della nostra comunità.
Don Giuseppe con le sue parole CI SCUOTE. Ci dice: non aspettatevi qualcosa da me. Non sono io che potrò svegliare le vostre coscienze. Non sarò io a scuotervi da questo torpore. Da questa apatia collettiva. Da questo sonno secolare.
E quando dice "non sono io", intende dire: "nè io, nè nessun altro: nessun prete, nessun sindaco, nessun partito o presidente di regione o premier politico.
MA SOLO VOI, POTETE E DOVETE ALZARVI E RIPRENDERE IN MANO IL VOSTRO DESTINO".
E rifletto sul fatto di come, sino ad alcuni anni or sono, fossi convinto, e portassi come supporto ad esempio le comunità Toscane, Umbre, od Emiliane, se non Venete e Friulane, o Trentine od Alto Atesine, che laddove ci fosse una politica che funzionasse bene, ci fosse implicitamente di contro, una società civile che procedesse di conseguenza in maniera ottimale.
Oggi, sono assolutamente convinto del contrario.
E' al contrario, dove c'è una società civile di grande qualità, che si riscontra poi di conseguenza, una classe politica d'eccellenza.
Perchè in fondo, non è la politica a fare l'uomo. Ma è l'uomo che fà la politica.
Non è la politica a rendere migliori le comunità. Ma sono le comunità che rendono migliore la classe politica, la quale a quel punto si adopera per rendere ancora migliore la propria comunità, in una reciproca reazione a catena tesa al continuo miglioramento.
Non è la politica che possa o debba sostituirsi alla collettività. Ma deve essere la collettività, così tanto attiva, propositiva, fiera ed orgogliosa, da stimolare la politica a fornirle di rimessa, ogni possibile supporto adeguato, per lo sviluppo sociale.
Se aspettiamo che la politica si organizzi, per risolvere i nostri problemi, amici miei cari, STIAMO FRESCHI. Siamo noi, il "bimbo", che deve rimboccarsi le maniche e che deve coinvolgere uno ad uno altri "bimbi", sino a ridare alla collettività il ruolo che le compete, e cioè, il ruolo progettuale, la sorgente di idee ed iniziative, che invece da troppi e troppi decenni, abbiamo tutti delegato a pochi uomini, che poi una volta eletti, si rivelano inevitabilmente inadeguati al ruolo affidato loro.
Altrove, dove le cose FUNZIONANO, non è la politica che funziona. Ma FUNZIONA la società civile. Non è la politica che deve fare tutto.
La politica deve assolvere al proprio 20%. Ma l'80% ce lo dobbiamo mettere noi.
Quando incontriamo i nostri amministratori, che certamente, devono anche loro MUOVERE IL SEDERE ALLA GRANDE, prima di domandare loro: COSA STATE FACENDO PER LA NOSTRA CITTA', chiediamoci onestamente, dinanzi allo specchio: MA TU.....COSA STAI FACENDO PER LA TUA CITTA'? 
Ma facciamolo con sincerità ed obbiettività.
E vedrete che otterremo dagli altri, le stesse risposte che otterremo da noi stessi.
Se nessuno di noi, si sveglia, si muove ed agisce, nemmeno chi ci rappresenta lo farà.
Se noi ci muoviamo, proponiamo, costruiamo e difendiamo, vedrete che anche chi amministra si comporterà di conseguenza.
Noi siamo piccole comunità. Il contributo di ciascuno di noi è fondamentale. Che sia un contributo piccolo o grande non ha importanza. Rispetto, civiltà, educazione, controllo e difesa della pulizia, del nostro verde, dei nostri boschi, degli angoli e delle strade dei nostri quartieri storici e delle periferie. Tanto possiamo e dobbiamo fare TUTTI. Ed in particolar modo, dovremo educare giovani e giovanissimi ad essere cittadini migliori. Vigili, svegli, propositivi e positivi. Allora si, che ci accorgeremo che anche la politica farà la sua parte....perchè dovrà farla per forza, perchè non avrà più alcun alibi. E poi, un popolo laborioso, non può che farsi amministrare da persone laboriose. Un popolo di sfaccendati fannulloni, chiacchieroni, pessimisti, filosofi e ben pensanti, avrà invece, sempre e solo la classe politica che si merita.
Questo è il messaggio, semplice, elementare ma fantastico, perchè si può davvero elaborare nella vita, all'infinito, che ci ha regalato ieri Don Giuseppe.
Un messaggio così bello e così potente, e così diretto, che tutti noi Piazzesi, non possiamo non raccogliere e fare nostro, e per il quale, sento proprio di dover dire, e vorrei farlo a nome dell'intera città:

"DON GIUSEPPE, GRAZIE A NOME DI TUTTI.
GRAZIE A NOME DELLA COMUNITA' DI PIAZZA ARMERINA".

E per la prima volta anche un ateo/agnostico incallito, sarà felice e contento di potere gridare:

VIVA MARIA SANTISSIMA DELLE VITTORIE
CHE SIA LEI, LA MADRE SANTA CHE CONDUCA PER MANO
IL BIMBO CHE C'E' IN OGNUNO DI NOI

VIVA PIAZZA ARMERINA

A presto amici miei. A presto. BUON FERRAGOSTO A TUTTI.