IO NE SONO SICURO. ADESSO SI SONO RIABBRACCIATI.
ad Alessia ed Alessandro
Ho ancora in mente, il ricordo di quell'alba livida. L'alba del 12 Novembre del 1985. Avevamo lasciato il porto di Napoli la sera prima.Salutare Napoli, lasciandola scivolare via dal porto, è una di quelle cose, per le quali merita vivere.....vederla allontanare piano piano, alle prime luci della sera, offre visioni e riflessioni di una dolcezza così profondamente diverse dal caos cittadino, che ti sembra quasi inverosimile l'inoltrarti lentamente nel silenzio del mare. Ma quella volta, mentre ero sul ponte della nave, riuscivo solo a pensare che era l'ultima volta che avrei lasciato Napoli, accanto a mia madre. Mia madre che riposava da diverse ore, nella sua ultima dimora di legno, due piani più in basso. Ci aveva lasciato il giorno prima. Strana analogia: l'avevo sentita al telefono alla mezzanotte del 10. L'indomani si trasformò in un ricordo. Così differentemente vicina e così definitivamente lontana. Non godetti, quindi, di quello spettacolo. E dopo una notte insonne, non godetti nemmeno dello spettacolo che offre Palermo, a coloro che vi arrivano dal mare. Napoli-Palermo. Due facce della stessa Italia del Sud. Della loro storia. Delle loro usanze così diverse, ma anche così vicine. Due simboli di due grandi amori di mia madre: Napoli e la Sicilia. Ed in Sicilia, Piazza Armerina. Ma dal ponte vidi Lui. La sua SIMCA (forse....??) VERDE. Inconfondibile. Lo riconobbi immediatamente dalla fisionomia e dalla statura. Poco distante, nera, lucida, discreta, una macchina per i trasporti funebri. Fumava, ed appena ci vide, buttò la sigaretta e ci venne incontro. Oreste, mio zio Oreste Marino, l'amore da sempre di mia zia Patrizia Liardi, era venuto a prenderci, per portarci a Piazza. Dove mia madre sarebbe stata "accolta", nella cappellina di famiglia, intestata a mio bisnonno: il Prof. Vincenzo La Bella.
L'abbraccio con mio padre fu' lungo e struggente. Con me e con Marcello, fu' incoraggiante.
Ci rassicurò sulle condizioni di salute di Zia Rita. Era stato lui stesso, con un medico (del quale non ricordo il nome), a portarle la triste notizia, ed a alleviare l'inevitabile malore che la colse di conseguenza. Il viaggio, fu' sereno, perchè riusciva anche a farci sorridere, e di tanto in tanto anche a ridere. Nessun accenno al doloroso trasporto che ci seguiva. Sentirlo dialogare con mio padre, di cose assolutamente normali, con il suo intercalare Palermitano, e sentire addirittura mio padre ridere per qualche battuta, (dopo 48 ore di lacrime infinite), mi fece sprofondare in un sonno profondo e tranquillo, che mi coccolò sino all'arrivo a Piazza Armerina. L'incontro tra mio padre, ed i suoi genitori Lillo e Ida, fù straziante, ma poi, soprattutto grazie a lui, ad Oreste, l'atmosfera si pacificò. Riuscimmo a mangiare qualcosa, per trascorrere insieme, quelle ore d'attesa che ci portarono sino alla funzione religiosa ed al definitivo saluto con mamma.
L'indomani mattina, riaccompagnò me e Marcello all'aereoporto di Catania, e salutandoci, ci disse che avrebbe badato lui, a stare vicino a papà, che invece sarebbe rimasto degli altri giorni a Piazza. Abbracciandomi forte nel salutarmi mi disse: "Io faccio parte della tua famiglia. Della famiglia Liardi. E ricordati, che noi siamo tutti insieme una famiglia, nonostante tutto e nonostante la vostra storia. Ed anche se la tua famiglia è un poco strana e stravagante, anzi...parecchio stravagante, siamo e restiamo una famiglia". Parlò, in maniera chiara. Lo disse brevemente e senza esitazioni. Quasi senza emozioni a corollario. Non capii. O forse capii poco. O forse non ero nelle migliori condizioni per capire. Tuttavia ci abbracciammo nuovamente. E via. Volammo verso Pisa. Allora, l'aereoporto di Catania era diverso da ora. Era più piccolo. E mentre ti recavi all'aereomobile, potevi ancora salutare qualcuno che ti guardava e ti salutava al di là della vetrata. Così fu'.....e lo ricordo ancora salutarci, finchè non salimmo sulla scaletta.
Avrei potuto ricordare altri episodi di Oreste. Qualcuno più divertente. Qualcun altro molto meno. Perchè la vita è così: una divertente tragedia. Ma ho voluto ricordarlo così. Per la sua umanità. Per la sua intelligenza e per la leggerezza con la quale riusciva a "posarsi" nelle situazioni e nei contesti anche più gravi. E ringraziarlo, in cuor mio, di quanto ci fù vicino e di quanto seppe fare, in uno dei momenti, certamente più brutti della mia vita, almeno sino ad allora.
Ripensando a ciò che disse quella mattina, mi sento oggi, di chiedergli scusa. Il perchè non lo dirò. E se non l'ho fatto prima è solo perchè "le stravaganti abitudini di questa strana famiglia", spesso, ti fanno dimenticare le cose, ritenendole superflue o poco importanti.
Sei stato un grande....Oreste.Un uomo stimato e rispettato. Per i miei cugini Alessia ed Alessandro, un padre del quale essere fieri ed orgogliosi. Oggi la mia famiglia, "strana e stravagante", piange il vuoto incolmabile che hai lasciato. Ma godrà sempre, del ricordo vivo e della impercettibile presenza della tua simpatia e della tua incredibile umana sensibilità.
Ti abbraccio.
Tuo nipote Massimo
In questi giorni di campagna elettorale,ho parlato a lungo con Oreste del più e del meno.
RispondiEliminaNon capitava più da molto tempo.
Parlare con Oreste era piacevole,perché imbastiva i discorsi di una frizzante ironia,che ti portava immancabilmente al sorriso.
Oreste lo voglio ricordare sempre così;col sorriso ironico e pronto alla battuta (mai banale) che sdrammatizzava ogni cosa spiacevole.
Ad Alessandro e Alessia un forte abbraccio e a Patrizia, l'esortazione ad essere forte per superare, con rassegnazione, questo difficile momento.
impresa difficile scrivere testimonianze profonde come questa..sono vicino anche a te Massimo....non ho parole
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