giovedì 8 gennaio 2015

LORENZO: PINO DANIELE, UN BOB MARLEY TARGATO NAPOLI!!!!

Bellissimo ricordo di Pino Daniele da parte di Lorenzo Cherubini.

Con Pino mi accadeva un fenomeno inspiegabile, dopo qualche minuto che stavo con lui mi veniva un accento un po' napoletano. Sul serio, se ci passavo una giornata poi a fine cena mi ritrovavo a usare espressioni tipo “uè” o perfino “guagliò”. Era un influsso che lui aveva, "pinodanielizzava" l'atmosfera. Lo faceva con la musica ma se ci penso bene lo faceva proprio con tutto se stesso che era tutto un se stesso fatto solo di musica. Ho tante ore di "volo" a bordo dell'astronave PinoDaniele, decolli atterraggi vuoti d'aria turbolenze, ma soprattutto ore di vita e di musica indimenticabili iniziate molto prima di conoscerlo.
Pino Daniele è stato il mio primo concerto. A essere sinceri prima di lui c'era stato un "Giromike" con ospite la Rettore e un Gianni Morandi in piazza a Cortona, ma a quelli mi ci aveva portato la mia mamma, e comunque mi erano piaciuti. A vedere Pino al Palaeur di Roma invece ci andai io da solo, 1981, biglietto comprato in prevendita con soldi miei che avevo messo da parte. Che band strepitosa, io non ci capivo niente ma mi fecero sentire in una zona tra la festa e il pericolo, tra il sogno e la minaccia, tra la rabbia e la gioia, dove poi ho scoperto che avviene sempre la grande musica. Era una musica diversa, coraggiosa, libera, selvatica, intelligente e nuova e che mi era entrata dentro come qualcosa che non sai da dove arriva ma che ti porta via, pinodanielizza l'atmosfera. 
L’album Nero a Metà, un capolavoro assoluto di ogni tempo. Poi uscìVai mo’ che aveva questo titolo svelto, che mi faceva impazzire già a partire da lì. E c’era dentro Yes I know my way, la prima volta che pensai che un italiano poteva essere funky e arrabbaito senza perdere il sorriso.
Passarono gli anni, io diventai Jovanotti, continuai ad essere un fan, lui era sempre il grande Pino Daniele, lo era sempre di più. Amato e riverito sia dagli stonati che dai musicisti virtuosi. 
Lo conobbi nel 1994, mi proposero di fare il tour con lui ed Eros. Non ci potevo credere.
Pino Lorenzo Eros. Il manifesto lo fecero disegnare a me, col pennarello tracciai un sole addosso ad un palazzo, era il mio modo per immaginare la mappa di un'esperienza che mi avrebbe cambiato la vita, dividere il palco negli stadi con due grandi della musica italiana, diversissimi ma uniti da quella volontà di far filtrare il sole attraverso il cemento armato. 
Eros lo conoscevo già da prima perchè avevamo lo stesso agente. Con Pino legammo tanto, mi voleva bene e io mi sentivo un prescelto a poter essere in confidenza con quel grande artista che mi sembrava fatto di musica, pensava solo alla musica, zero menate, la musica al centro di ogni cosa. Mi regalò la sua amicizia sanguigna e fraterna. Pino era simpatico e ti faceva piegare dalle risate, quando voleva, i suoi racconti sono letteratura blues e commedia dell’arte, belli come certe sue canzoni, e divertenti come i film di Totò, che per lui era un dio. Tante emozioni oggi, troppe tutte insieme.
Conservo il ricordo della giornata di Napoli, allo stadio San Paolo, 13 giugno 1994. Era il suo ritorno a Napoli dopo tanti anni senza esibirsi nella sua città, e io e “Ramazza” (è così che gli amici chiamano Eros) lo avremmo accompagnato in quella che per lui e per i napoletani era la cosa più importante del mondo. Inoltre da pochi giorni era morto Massimo Troisi e la cosa aveva caricato quella giornata di un’emozione ancora più forte e aveva avvolto Pino in una nuvola di pensieri che rimanevano tra se e se. Pino era agitato, silenzioso, ogni tanto sdrammatizzava con una battuta ma quel concerto per lui era molto più di un concerto. La città era in attesa, i biglietti introvabili, nessuno a Napoli sapeva dove alloggiava Pino, e si temeva che se fosse entrato anche con un blindato nello stadio ci sarebbero stati dei rischi di ordine pubblico là fuori, per il troppo amore dei fans . Così lui entrò nello stadio all’alba, mentre la città dormiva ancora, arrivando da Roma, e rimase in camerino per tutta la giornata senza che nessuno lo venisse a sapere, tranne noi e pochi intimi. Quel giorno ero uno dei tre ammessi nel suo camerino e parlammo di tutto meno che di quello che stava per succedere. Come sempre Pino sdrammatizzava, lo ha sempre fatto quando si trattava di avere a che fare con il mito che era diventato. Quando uscimmo sul palco ce l’avevo accanto e guardando lo stadio assistetti alla più grande dimostrazione di amore di un popolo verso un artista che lo rappresenta, qualcosa di veramente storico, mai vista prima e mai più vista una cosa del genere. Una cosa che non dimenticherò mai. Quella Napoli si riconosceva in Pino Daniele, l’artista che aveva saputo valorizzarla non attraverso le sue maschere ma partendo dalla realtà e dalla poesia, l’uomo che l’aveva liberata dagli stereotipi, che l’aveva portata nella modernità senza perderci in cultura e in umanità. 
"Pino Daniele è per Napoli quello che Bob Marley è per la Jamaica, ma siccome i napoletani sono napoletani e Napoli è Napoli, tutto è amplificato, tutto è più grande più complesso più rumoroso più infuocato più indescrivibile a parole". 
Dopo quel concerto siamo diventati veramente amici, avevamo condiviso un pezzo di storia, anche se quel giorno a scriverla era stato, chiaramente, soprattutto lui. Continuammo a frequentarci e a fare musica. E a ridere di tutto, ogni volta che incontravamo.
In quel periodo sia lui che io ci eravamo fidanzati da poco ed eravamo già molto innamorati delle nostre giovani ragazze e dopo quel tour condividemmo il tempo in cui dall’essere una coppia si diventa una famiglia, quella cosa ci unì parecchio. 
Qualche mese prima aveva avuto un infarto e doveva stare attento e riguardarsi, e siccome io non sono un tipo dedito agli stravizi ero una frequentazione che lo prendeva bene, con me si poteva rilassare senza tentazioni pericolose per le coronarie. Insieme si faceva soprattutto musica, si parlava di musica, si ascoltava musica, si progettava musica. Io ero quasi all'inizio, lui era in un nuovo inizio, incuriosito dalle nuove sonorità dei computers, dalle possibilità del pop, voleva scrivere usando un po’ meno il napoletano e me ne parlava, era desideroso di essere trasmesso di più anche dalle radio del nord Italia, per arrivare a più gente, per rompere altre barriere, per fare a pezzi altri pregiudizi, i tempi stavano cambiando e la sua vocazione è sempre stata quella di fare cose nuove con gente nuova, di non rimanere attaccato alle cose che lo avevano reso celebre. Lui che aveva passato un ventennio a studiare giri armonici audaci adesso era presissimo dal rap , un genere che di accordi quando ne usa due in una canzone è già troppo.
Che musicista incredibile che è stato Pino. Aveva i denti grandi, da uomo di Neanderthal, e un fisico possente quasi da neonato gigante, con il torace da buttafuori segnato da una cicatrice proprio in mezzo, incline alle belle mangiate specialmente quando la parola “fritto” accompagna la descrizione della pietanza, ma con la chitarra sapeva essere di una leggerezza che io ho visto solo nelle farfalle. Per lui era IMPOSSIBILE, credetemi, IMPOSSIBILE, produrre una sequenza di note che non fosse bellissima, quando si metteva lì a improvvisare. Studiava sempre la chitarra, non ha mai smesso di studiarla, di accarezzarla, di farci ballare le sue dita sulle punte o di prenderla a pugni. Quando aveva la chitarra in braccio si completava una figura che non lasciava entrare dentro nient'altro, un equilibrio cosmico, il simbolo di una croce, non sto esagerando, senza la sua chitarra in braccio Pino era incompleto. E di quel suo falsetto naturale che usciva da quelle grandi ossa, ne vogliamo parlare? E i testi di moltissime sue canzoni? non so, mi viene in mente “putesse essere allero’” . Su quella canzone ci ho imparato un po’ di napoletano ma anche cosa può fare l’arte poetica nella cultura popolare. 
“Putesse essere allero e m'alluccano dint'e recchie
e je me sento viecchio, putesse essere allero cu mia figlia mbraccio che me tocca 'a faccia e nun me' fa guardà”
Nonostante fossimo diventati amici io nemmeno per un secondo sono riuscito a mettere da parte del tutto la mia devozione al suo talento, che mi condizionava sempre, c'è sempre stata una parte di me che quando eravamo insieme mi diceva "ue guagió, chist'è Pino Daniel'... te rendi conto co'cchì stai a pazziá?"
La sua musica quando ero al liceo mi ha liberato e illuminato, e da grande la sua amicizia mi ha fatto diventare un musicista, mi ha fatto credere nelle mie potenzialità e nella possibilità di migliorarmi.
Era da un po’ di tempo che non ci sentivamo, a settembre scorso mi aveva chiesto di essere tra i suoi ospiti all’arena di Verona ma io ero lontanissimo e non ci siamo potuti organizzare. L’altra notte a capodanno ho acceso la TV e l’ho visto su Rai Uno che cantava e ho pensato che avrei voluto chiamarlo e che l’avrei fatto nei prossimi giorni, ciao Pì come stai? e vediamoci una volta! è troppo che non ci facciamo una chiacchierata! Poi stamattina mi sono svegliato e ho trovato un sms di Ramazza che mi diceva “è morto Pino fratè, sono sconvolto”.
Pino Daniele è stato un artista enorme, un vero gigante, e il tempo non farà altro che consolidare questa sua immensa importanza per la musica e per la cultura dei nostro paese. Napoli perde il suo figlio musicista più grande del dopoguerra, senza nessun dubbio, e uno dei più grandi di tutti i tempi, ne sono del tutto sicuro.

domenica 4 gennaio 2015

UNA COPERTA DI NOTE, CHE CI HA TENUTO CALDI PER 35 ANNI.

Lo "zio" Pino, una infinita storia di note, che hanno raccontato praticamente tutto, come un sogno, come una favola.

Non so' ancora essere capace di evitare di sentire un brivido alla schiena, ogni qual volta lo ascolto. Sia di proposito, o semplicemente per coincidenza, in una giornata magari scura, uggiosa, ed un po' noiosa. Pino Daniele, e quell'incontro benedetto, un Novembre del 1979. Tonino Camuso, detto "o' friariell' " (broccoletto amaro tipico Napoletano), me lo porta a casa.....io immobilizzato a letto. Incidente in moto, piede rotto in 3 punti. Ingessato, ma sempre e comunque con la chitarra nelle mani. O' Friariell', posiziona l' LP 8.30 (il secondo LP di Pino), sul piatto Yamaha, testina AKG, che preferivo alla più commerciale SHURE, per una maggiore (seppur fredda) pulizia del suono.
Dopo il classico "TUMPF", dell'atterraggio della testina sul disco, ed il leggero fruscio (che nostalgia), dalle casse, escono le note di "Je sto' vicino a te", e la mia vita non fu più la stessa. Mi innamorai subito. Pensai e subito URLAI: Gino Vannelli? Billy Joel? No no, non ci posso credere...."chist' è nu' mostro", ed era pure di Napoli. Il Massimo.
Da allora Pino Daniele, ha scandito un ritmo musicale con il quale si è mosso il mio cuore, ed una infinita combinazione di note, dentro le quali, sono cresciuto, attraverso le quali ho riso ed ho pianto, ho amato ed ho sofferto. Note che hanno trasformato la mia gola, la mia voce, le mie dita, ed il mio modo di suonare la chitarra, cercando disperatamente di trovare le distonanze delle sue canzoni delle sue armonie, con l'uso del pianoforte. Pino Daniele inaccessibile. Spartiti inaffidabili. Unica possibilità, ascoltare e riascoltare i suoi pezzi....e scoprire che se cambi il basso ad un MI-6, questo diventa un DO+......ecco perchè non trovavo l'accordo giusto. E così via per anni, sino al punto che suonare altri cantautori diveniva "banale". Suonare Pino, è una sfida continua. Appena finalmente riesci a tirare giù un pezzo, lui ne fà una versione nuova.....cambia il paradigma.....e tu, sì n'ata vota mmiez' a' na' via. Pino Daniele e le sue canzoni, che mi hanno tenuto sveglio di notte, al buio illuminato dai raggi della luna, fumando una sigaretta, il cuore innamorato o disperato, ed il fumo, in controluce, dissolversi piano insieme al vento delle note delle sue ballate. Le melodie che mi hanno accarezzato l'anima, come quando il mio primo grande amore finì, e lui, suonava Common Ground con Richie Havens, o quando salutai mia madre, per sempre, con le note di "Che ore so'". "Quando", annunciava la nascita imminente di mia figlia Sara ("chi vuole un figlio non insiste"). E via così, tempo che viaggia, e....le sue note e la mia vita. Le sue espressioni e la mia voglia di suonarlo. Si di suonarlo.... Ho suonato Pino per 35 anni, ovunque e comunque. C'era chi mi diceva: "non mi piace Pino Daniele....ma se lo suoni tu lo adoro"....Che bestemmia, pensavo tra me e me.....La sua voce, il suo sguardo con le pupille fisse.....Il suo concerto alla Bussola di Viareggio, 12 mila persone incapaci di stare sedute, mentre il suo funky blues ti faceva aumentare il battito cardiaco. La festa dell'Unità a Roma, e Piazza Plebiscito a Napoli nel 2008. E Taormina, al teatro Greco, 1 Agosto 2004, una serata di luce, in un abisso di disperazione, ed Acireale, concerto acustico del TOUR "e sona mo", con la mia piccola Giulia che ascoltava dal pancione della sua mamma, le note di Napul'è.. Le mie cucciole che ballano al ritmo di "A me m' piace o' blues", e gli amici davanti al camino, d'inverno, che ascoltano "Anna Verrà". E "Amici come prima", suonata davanti a 500 persone commosse, a Nicosia, per ricordare un altro Pino, il mio amico fraterno, il mio caro caro amico, troppo presto volato via. Sembrava fosse stata scritta per lui: "Amici come prima, perchè dentro la mia mente ci sei tu, amici più di prima, perchè non so' rassegnami all'idea di non averti più".  Impossibile nominarle tutte...come si fà?? Schizzechea, Na' scarpa si na' scarpa no, Pigro......impossibile.
 Il jazz, il funky, il blues, il rock, i samba, le atmosfere cubane, i caraibi, i calipso, i cha cha cha, ed ancora gli archi, i cori, e le sue chitarre battenti medievali. La sabbia del deserto, le periferie metropolitane, la solitudine sul mare, l'infinito guardato da una collina di sera. La sua musica, è stata solo gioia e felicità. Felicità in ordine sparso, lungo tutti questi anni, attraverso tutti i momenti  c'aggie passato, lungo tutte le autostrade c'aggie affrontato come "muri di felicità", le persone che ho incontrato, e le storie che ho vissuto. Ogni buon giorno, ed ogni buona notte, anche per un solo istante, hanno trattenuto qualche nota dello zio. Lui è stato il filo conduttore artistico, umano e di sentimenti veri, che mi hanno tenuto Napoli (Napul'è), vicina vicina, e che ha colorato di arcobaleno tutti i tramonti che ho guardato. Che ha dato melodie orientali al vento (Vient...) che ho ascoltato, tra le montagne o in riva al mare. 
Tra la folla o nella mia impagabile solitudine, prendere tra le mani la chitarra per suonare le sue canzoni, ancora oggi, resta un momento caldo ed appassionato.
E quando, ancora oggi, guardo negli occhi, chi mi ascolta e mi sorride, un po' mi viene da pensare, che insieme, abbiamo fatto una piccola cosa buona. Pino non lo sà che io ci sono. Non lo sà che io esisto. Non sà quanta strada abbiamo fatto. Ma siamo stati insieme lo stesso. Lui a scrivere, ed io a raccontare le sue emozioni. Che poi, è stato un pò quasi come se le sue canzoni fossero diventate le mie. Tanto che, mi sembra a volte, di averle scritte io.
Ma le ha scritte lui, e fin quando lo farà, fin quando scriverà, essere il suo "sconosciuto" menestrello, sarà una gioia che darà al mio cuore, il calore dell'amore....e a chi mi ascolta, un pensiero leggero, che invade l'anima, e veloce, vola via. Un piccolo momento di felicità. Un sorriso che non costa niente e che resta dentro.
La mia vita, senza di lui, sarebbe stata diversa, e senza dubbio, per niente migliore.
PER TUTTO QUANTO HAI FATTO, E PER QUANTO CI HAI SAPUTO E CI SAPRAI ANCORA REGALARE: GRAZIE ZIO. GRAZIE PINO DANIELE. PER SEMPRE.
ADDIO PINO.....ADDIO......FINO ALL'INEVITABILE RIVEDERCI!!!!